L’Australia e il traffico d’armi stampate tramite la tecnologia 3D

La tecnologia della stampa 3D sta portando ad una rivoluzione nel settore della produzione seriale di oggetti: Barack Obama ha avviato da tempo un finanziamento di startup atte a voler diffondere questo metodo di produzione di massa, dichiarando di poter mettere in ginocchio la catena di produzione Made in China.

Come di solito accade, le tecnologie sono utili all’umanità in base allo scopo che se ne fa, e bisogna tener conto anche del rovescio della medaglia: è il caso della proliferazione di armi attraverso l’utilizzo delle stampanti 3D (che con il passare degli anni stanno diventando sempre più accessibili a tutti in termini economici) che potrebbe portare a gravi conseguenze, soprattutto in stati in cui il possesso di un’arma non è regolamentato.

L’Australia tenta di correre ai ripari, e il senato ha chiesto, tramite un’interrogazione alla Legal and Constitutional Affairs References Committee, di far qualcosa per poter contenere il dilagare di armi e parti di armi stampate, chiedendo un supporto alle autorità in modo da poter monitorare tale fenomeno. Basti pensare come a Febbraio la polizia di Queensland abbia rinvenuto alcune parti di pistole stampate in 3D durante un raid.

Il problema è sempre lo stesso: come fare per evitare che la tecnologia non debba arrivare ad alimentare estremismi insensati? La soluzione più semplice sarebbe bandire la tecnologia di stampa 3D, ma con quest’ultima si è arrivati a creare (un esempio tra tanti) protesi biomediche a basso costo. Piuttosto si dovrebbe pensare ad un controllo di scambio di progetti sul web, anche se tale idea è praticamente di impossibile realizzazione.

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