Come ci si sente ad essere invisibili?

Al giorno d’oggi la tecnologia ci accompagna in ogni istante della nostra vita, influenzando inevitabilmente il nostro modo di vivere. Ci sono tecnologie che ci permettono di sognare, come quando i nostri antenati pensavano di non poter volare come gli uccelli. Una di queste, ancora in fase embrionale, è la possibilità di poter indossare un mantello che permette di essere invisibili agli occhi altrui: sebbene ci siano alcuni prototipi, ancora non permettono la totale capacità di non essere visti; su Nature è comparso un articolo che spiega cosa potenzialmente possiamo provare (in termini di stati d’animo) se fossimo invisibili.

L’esperimento, mostrato ad alcuni giornalisti al Karolinska Institute di Stoccolma, è strutturato in questo modo:

  • all’osservatore viene fatto indossare una visore di realtà virtuale, la quale la fonte d’origine è una telecamera binoculare posta di fronte ad esso;

  • tra l’osservatore e la telecamera è posto un’altra persona, che attraverso due pennelli tocca l’osservatore e nel frattempo agita il secondo pennello verso la telecamera rivolta verso il basso.

In tal modo l’osservatore avrà la sensazione di essere toccato, ma la vista ingannerà il tatto; penserà infatti di essere invisibile non vedendo il proprio corpo attraverso il visore, come se fosse realmente invisibile.

Dopo una serie di esperimenti, si è notato come l’essere umano abbiamo una maggior consapevolezza di se stesso se ha la sensazione di essere celato dagli occhi altrui e si pensa di poter utilizzare tale tecnica per poter curare sia i disturbi d’ansia sia i disturbi di deficit cognitivo.

Ma l’esperimento stesso si proietta al di la del campo clinico: da un punto di vista psicanalitico si potrà capire anche come l’essere umano possa agire, da un punto di vista morale, nei confronti della realtà stessa. “Vogliamo sottoporre ai partecipanti un numero di dilemmi morali sotto l’illusione di essere invisibili” dice Arvid Guterstam, co-autore del progetto, “e confrontare le loro risposte in un contesto in cui abbiano la normale percezione della realtà spaziale”.

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